UN EROE FUORI DALL’OMBRA (la storia del brigadiere Bontempelli, Livorno 1943)
Noi appassionati di storia della Polizia apparteniamo ad una cerchia sparsa in tutta Italia che, prima o poi, è destinata ad incontrarsi. Ieri, grazie alla presentazione di un comune amico e collaboratore, abbiamo avuto il piacere di fare una lunga conversazione telefonica con Gennaro Pisano, un impiegato civile della Questura di Livorno che insieme al suo collega, signor Contorno. sta ricostruendo in modo eccellente la storia della Polizia nella sua città e sta sottraendo all’ oblio i nomi di alcuni Caduti, dimenticati dalla grande Storia. Uno dei nomi, dei volti, delle storie che il signor Pisano e il signor Contorno hanno riportato alla memoria civile di questo Paese è quella di un sottufficiale del Corpo degli Agenti di Pubblica Sicurezza, il brigadiere Edmondo Bontempelli, assassinato il 9 Novembre 1943 a Livorno. E’ la storia di un Eroe.
Inizia nel modo più banale, da una lite per un posto in fila. Nel novembre 1943 molti generi di consumo sono sottoposti a razionamento ed i tabacchi non fanno eccezione. Occorrono un certo numero di bollini delle tessere annonarie per acquistare merce, ma non sempre i negozi ne sono provvisti e bisogna fare attenzione agli annunci sui giornali per sapere quando arriverà un quantitativo, ed allora davanti alle tabaccherie (o davanti alle macellerie o ai forni o a qualsiasi altro negozio che venda prodotti sottoposti a razionamento) si formano file chilometriche di clienti ansiosi di comprare la merce prima che vada esaurita. Quel 9 Novembre davanti ad una tabaccheria di Livorno si accalcano decine di persone, in attesa di acquistare del trinciato per sigarette. Nella fila la gente parla. A bassa voce si scambiano notizie sui familiari dispersi o prigionieri, si discute sulla Repubblica Sociale e si aprono scommesse su quanto tempo durerà prima che gli Alleati arrivino dal Sud, si parla dell’arroganza dei tedeschi, si prega che non arrivi l’allarme aereo e con esso i bombardieri… rimetterci le penne per un etto di trinciato di tabacco non va a nessuno. In quella un uomo con un moschetto a tracolla supera la coda e si dirige a passo sicuro verso il negozio. La gente lo riconosce, è una camicia nera della Milizia Volontaria del Partito Fascista. Alcuni borbottii tra i presenti e uno degli uomini in fila da sfogo alla rabbia di tutti “Boia de’! rispetta la fila!” le parole gli muoiono in gola quando la camicia nera si toglie da tracolla il moschetto e, dopo averlo armato, glielo punta al volto “Ora ti ammazzo!” sibila mentre sta per premere il grilletto. Accade in un lampo. Con una mossa fulminea qualcuno strappa il moschetto dal milite che guarda inebetito le proprie mani…”ma ….cosa…” ed una frazione di secondo dopo un imponente ceffone si abbatte sul suo viso. La camicia nera crolla a terra e, quando riesce ad aprire gli occhi, vede torreggiare su di lui un uomo dal volto duro segnato dal sole e dalla salsedine “Il budello di tu’ ma’!” gli ringhia in livornese stretto il brigadiere di P.S. Edmondo Bontempelli.
Edmondo ha 53 anni e proviene da una cittadina sull’isola d’Elba. Ha 21 anni quando partecipa alla guerra italo – turca del 1911-12. Fa parte del gruppo navale della Regia Marina che nel 1912 viola il blocco navale dei Dardanelli cogliendo di sorpresa le difese turche di Costantinopoli. Viene decorato al Valore, ma l’Italia lo chiama ancora appena tre anni dopo, quando esplode la Grande Guerra. Edmondo combatte ancora valorosamente con gli equipaggi dei motosiluranti MAS, quei magnifici e pazzi Eroi della Regia Marina Italiana che a bordo delle loro imbarcazioni umiliano la tracotanza della Marina austro ungarica. Il giovanissimo marinaio Edmondo Bontempelli affronta il nemico con coraggio (mi piace pensare con un sorriso arrogante dipinto sul volto per mascherare la propria umanissima paura) , attaccando i convogli navali austriaci e violando i porti avversari con il proprio motoscafo, mentre intorno a sé sente fischiare i proiettili e i proiettili delle artiglierie navali austriache sollevano imponenti colonne d’acqua intorno al suo MAS. Riceve due Medaglie di Bronzo al Valor Militare e due Croci al Merito Militare, quattro onorificenze più che meritate.
Nel dopoguerra si arruola in Polizia, forse per avere uno stipendio sicuro in quegli anni difficili, forse per patriottismo o per un misto di entrambi se, come tanti altri reduci, Edmondo non riesce a riadattarsi alla vita civile in un’Italia che è diversa da quella che aveva lasciato allo scoppio della guerra. Sono anni caotici, quelli che vanno dal 1919 al 1925. Si va dagli scontri di piazza del 1919-22 alla nascita del fascismo, allo scioglimento delle Guardie Regie ed alla loro incorporazione nell’Arma dei Carabinieri, alla creazione degli Agenti di PS nel 1925, anno in cui il fascismo trionfa definitivamente. Non conosciamo ovviamente le idee del poliziotto Bontempelli, ma probabilmente come quella di molti degli italiani di quel tempo la sua adesione al regime è poco più di una annoiata partecipazione alle manifestazioni ufficiali. Negli anni ’30 il giovane marinaio che affrontava la morte pilotando la sua silurante sotto il fuoco delle mitragliatrici austriache è diventato un brigadiere di Polizia e un valido e provetto meccanico dei mezzi navali della Questura di Livorno. Una vita tranquilla, in fin dei conti, quella di un buon padre di famiglia e di un buon lavoratore. La vita di un normale poliziotto di provincia che viene interrotta dalla guerra.
Livorno entra da subito nell’inferno. E’ la sede di importanti industrie belliche, dell’Accademia Navale ed è la città di Galeazzo Ciano, il genero di Mussolini…in poche parole è un obiettivo privilegiato per i bombardieri Alleati che la sottopongono a intense incursioni che provocano centinaia di vittime.
Come tutti gli agenti della Questura di Livorno, il brigadiere Bontempelli viene impegnato nei soccorsi alle vittime delle incursioni, nell’estrarre vivi e morti dalle macerie, forse vergognandosi di fronte a quell’orrore del sollievo che prova nel sapere che la moglie e la figlia sono in salvo all’isola d’Elba.
E’ la vita della maggior parte dei Poliziotti italiani durante la guerra, sul fronte interno.
Poi arriva il 9 Novembre e tutto cambia.
Bontempelli toglie il caricatore del moschetto ’91 poi scarica l’arma. La cartuccia calibro 6,5 espulsa dall’otturatore cade tintinnando sul selciato.
La camicia nera si rialza da terra, confusa ed umiliata, mentre i clienti in fila davanti alla rivendita di tabacchi sghignazzano divertiti lanciando battute sarcastiche in vernacolo livornese. Già l’umorismo toscano non è uno dei più sottili, ma a Livorno raggiunge livelli addirittura corrosivi. Il milite inizia a strillare istericamente, blaterando di corti speciali, di plotoni d’esecuzione, di deportazioni e si guarda attorno e la rabbia aumenta ancora di più insieme alle risate dei presenti. Poi il milite vede un carabiniere in uniforme mentre passa nella strada. Gli urla del gesto fatto da quel tipo ( e indica Edmondo mentre raccoglie la cartuccia da terra ) certo uno “sporco comunista-monarchico-badogliano”. Il carabiniere, di fronte a quel torrente di parole, non capisce un granchè, si avvicina ad Edmondo e gli intima di restituire il moschetto alla camicia nera, cosa che Edmondo fa sorridendo, tenendo però il caricatore in tasca. “Ora dovete seguirmi in caserma!” ordina il carabiniere. “Nemmeno per sogno – risponde Edmondo estraendo da una tasca della giacca un cartoncino verde con la scritta CORPO DEGLI AGENTI DI P.S. – seguitemi voi in Questura!”
Il carabiniere e il milite si guardano sorpresi. “Questa non ve l’aspettavate, eh?” grida una voce divertita dalla folla mentre Edmondo si dirige verso la vicina Questura.
La camicia nera si riprende per prima. Fulmineamente estrae da una giberna un secondo caricatore e ricarica il moschetto puntandolo contro Edmondo e preme il grilletto.
Il proiettile colpisce Edmondo alla schiena, trapassando da parte a parte il corpo del poliziotto, che crolla come un albero abbattuto.
Per un attimo nella strada si fa silenzio. Non ci sono più battute, non ci sono più risate, solo orrore ed incredulità. Qualcuno si avvicina per soccorrere il ferito, ma il milite punta il moschetto contro di loro “Allora! Chi devo ammazzare adesso ?!?” C’è un’ostetrica che abita in una casa vicina ed ha visto che c’è un uomo morente sul selciato. Accorre in suo soccorso, è l’unica che forse può salvare quel poveraccio, ma viene bloccata dal carabiniere (del quale il minimo che si può dire è che si tratta di un codardo) . La donna urla disperata ed impotente che può salvare il ferito, che non possono lasciarlo morire così, che devono permetterle di fare qualcosa. A risponderle è il ghigno folle del milite.
“Bontempelli, ti eri addormentato?” “Signornò, comandante…cioè sì. Ho fatto un sogno strano, ero a casa e…” “Lascia stare, marinaio. Dobbiamo sorprendere quei maledetti austriaci. Mettiti al timone e fai attenzione, questa è una notte molto buia” “Signorsì….che strano però, è sempre più buio e non riesco a vedere più il mare…e fa sempre più freddo…”
La salma di Edmondo venne raccolta solo qualche ora dopo e portata all’Obitorio di Livorno. Nessuno si disturbò ad avvisare la sua famiglia all’Elba, che seppe della sua morte solo pochi giorni dopo, da un trafiletto sul quotidiano locale. La moglie e la figlia raggiunsero la città con i propri mezzi e fu lì che la moglie vide l’uomo che amava su una gelida lastra di marmo. Alla figlia di 12 anni impedirono di abbracciare per l’ultima volta il suo papà.
Per riavere indietro la salma le due donne dovettero addirittura lottare contro l’ottusa burocrazia. Nessuno le aiutò, ma alla fine riuscirono a riportare Edmondo nella sua Elba, dove dorme ancora oggi in un piccolo cimitero nel quale il vento gli porta il profumo del mare.
Il suo assassino durante la guerra civile continuò ad uccidere con molto impegno. Fu arrestato solo nel 1947, dopo una denuncia da parte di un cittadino indignato per averlo visto aggirarsi libero ed impunito sull’isola d’Elba, di dove egli era originario, come lo stesso Edmondo Bontempelli.
Vi fu un processo al Tribunale Militare della Spezia, competente per territorio, ma l’ex camicia nera venne condannato a soli 20 anni, ridotti a 15 in appello ed infine a tre. Nel 1950 l’assassino era già libero e tornò all’Elba, dove sino alla morte continuò a vantarsi di avere ucciso un Poliziotto e di averla fatta franca e dove, come in una terribile saga nordica, incontrava ogni tanto la famiglia di Edmondo salutandola con un ghigno di folle trionfo stampato in volto….
Conosciamo il nome dell’assassino, ma non lo abbiamo scritto. Ormai è morto da anni nel suo letto, tronfio ed orgoglioso di essere impunito. Oggi sarebbe stato eletto in Parlamento.
Ricordare su queste pagine il nome di uno psicopatico come lui avrebbe significato disonorare il brigadiere Edmondo Bontempelli, quello stesso Eroe che è stato riportato alla memoria dall’impegno del signor Pisano e del signor Contorno. Sappiamo che grazie a questo impegno Edmondo verrà presto ricordato nella città in cui è morto e quindi nel Sacrario dei Caduti della Polizia di Stato, dove il suo nome verrà onorato per sempre insieme alle migliaia di altri Uomini e Donne Caduti per l’Italia dal 1848 ad oggi.
Finalmente.
(per la redazione di Cadutipolizia.it Fabrizio Gregorutti)
Buona sera.
A dir poco scandaloso fu il comportamento di quel carabiniere, quanto mai indegno per chi aveva deciso di vestire la divisa dell’Arma per difendere la legalità e proteggere la gente per bene!
Con cordialità.
Maurizio Bedin, Sabaudia (Latina).