IL CONFINE (Fiume, agosto-settembre 1943)
Buccari (Fiume), fine agosto 1943.
Immagina la foiba, immaginala come un buco nero, come un mostro vorace pronto a divorare i due uomini, fermi sull’ orlo, legati strettamente tra loro, con il filo di ferro che stringe loro i polsi. Immagina il terrore dei due ostaggi. Hanno subito torture terribili da parte degli uomini che li hanno catturati e che hanno sfogato su di loro la propria rabbia. I due prigionieri li supplicano, li implorano, ma i loro carcerieri rispondono insultandoli in croato e in pessimo italiano. Poi dal gruppo si stacca un uomo, gli occhi lucidi di odio, furore, ma anche di dolore e disperazione. Appoggia una mano sulla spalla destra di uno dei prigionieri e lo guarda per un lunghissimo istante senza dire una parola, uno sguardo che l’ostaggio non ha la forza di sostenere, poi lo spinge con forza giù nella foiba. Il prigioniero precipita nel vuoto, trascinando con sé il proprio compagno di sventura, con un urlo terribile, atroce, spaventoso che sembra durare all’infinito. L’urlo degli angeli ribelli mentre precipitano sulla Terra.
Poi, il silenzio improvviso.
Stai provando pietà per le due vittime della foiba? Dammi retta, fattela passare.
Un paio d’anni fa, leggendo un libro sul periodo delle foibe mi imbattei nel nome di due agenti di P.S. dispersi a Fiume nel 1943 (a luglio, diceva la nota). Presumendo si trattasse di due delle decine di poliziotti uccisi in combattimento con i partigiani jugoslavi prima dell’8 Settembre 1943 ne cercai le tracce per parecchio tempo su altri libri, sia di autori seri ed affidabili che di pubblicistica per così dire “di parte” (con tutti i pregi ed i limiti di quest’ultima). Mi imbattevo sempre in quei due nomi e nelle stesse note
“L., agente di P.S., irreperibile dal luglio 1943”
“T., agente di P.S., irreperibile dal luglio 1943”.
Era facile supporre che la scomparsa fosse avvenuta nelle medesime circostanze. In quei giorni accadde a tanti, poliziotti, carabinieri, militari…ti faccio un esempio: una pattuglia di servizio ad un posto di blocco viene sopraffatta da una formazione partigiana, disarmata e costretta a una lunga marcia attraverso le montagne, un percorso che si conclude sull’orlo di una foiba dove nessuno troverà mai più i componenti della pattuglia. Dopo qualche giorno i loro superiori indirizzeranno al Comando d’Armata e al Ministero una nota burocratica più o meno lunga ed i due componenti verranno dichiarati “dispersi” o, come da linguaggio burocratico del Ministero degli Interni, “irreperibile”. Non è un volo di fantasia, come potrebbe apparire. Accadde a tanti, in quegli anni. Niente di più facile che fosse accaduto anche a loro, no? …. almeno così pensavo. Poi un giorno, durante una ricerca, trovai un trafiletto del “Piccolo” di Trieste del 24 Novembre 1944 che mi fece perdere un bel po’ di illusioni. Era una cronaca da Fiume, un trafiletto quasi imboscato in seconda pagina.
Al Tribunale Speciale di Fiume
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Un ex agente di P.S.
condannato a morte
ed un altro a 27 anni di reclusione
per l’uccisione di due ragazze
Abbiamo da Fiume:
“Sono terminati ieri al Tribunale Speciale della nostra città le udienze a carico dei due ex agenti di P.S. G.L. e G.T. , imputati di duplice omicidio nelle persone delle giovani Vera Albanese e Novenka Kovacich. Il fatto, che ha costituito materia dell’appassionante processo, avvenne il 14 Agosto dello scorso anno a Buccari, dove gli accusati prestavano servizio presso quel Commissariato. Il collegio giudicante ha condannato il G.L. alla pena di morte e il G.T. a 27 anni di reclusione.
Ricordo che fissai per un luuuungo istante lo schermo del lettore di microfilm prima di lasciarmi sfuggire un “Oh, merda…” che fece inarcare il sopracciglio al bibliotecario.
Nei giorni successivi continuai le ricerche, usufruendo della preziosa collaborazione di alcuni uffici e la storia degli agenti L. e T., se possibile, peggiorò ancora.
Cominciamo dall’epoca del delitto. Quando le due ragazze vengono assassinate l’Italia è in bilico. Mussolini è stato deposto poco più di tre settimane prima e i suoi carcerieri lo spostano freneticamente da un posto di prigionia all’altro nel (giustificato) terrore che i tedeschi lo liberino con un blitz. Il governo Badoglio cerca affannosamente di salvare la pelle e la poltrona ribaltando le alleanze. I soldati italiani combattono contro le truppe alleate in Sicilia ma proprio qui i “prodi camerati” tedeschi compiono la loro prima strage sul suolo dell’alleata Italia, massacrando senza motivo 16 innocenti civili a Castiglione di Sicilia, in provincia di Catania, la prima delle innumerevoli atrocità commesse nel corso dei due anni successivi nel nostro Paese. Il giorno prima Milano è stata investita da un violentissimo bombardamento aereo angloamericano costato la vita a migliaia di nostri connazionali, civili e militari. A marzo nelle industrie del Nord vi sono stati i primi scioperi contro la guerra mentre, in molte parti del Paese. di fronte alle privazioni, ai bombardamenti, ai racconti dei reduci e al numero delle perdite sempre più alte, monta la rabbia contro il fascismo, visto come responsabile della catastrofe. Al Confine Orientale invece la situazione è di pura e semplice guerriglia, con le infiltrazioni all’interno del territorio del Regno da parte dei partigiani jugoslavi ed i loro attacchi alle posizioni militari nelle province di Fiume, Zara, Gorizia e Trieste ed addirittura in quella di Udine. Alle porte di Fiume e di Zara invece premono gli ustascia, gli estremisti di destra croati, responsabili del genocidio di oltre 700.000 serbi ed ebrei e che ora, di fronte ad un alleato debole e demotivato come l’Italia vogliono annettersi le due città (ma anche l’Istria, Gorizia e Trieste… niente male come appetito). L’orologio della Storia inizia il conto alla rovescia e quarantacinque milioni di italiani rimangono con il fiato sospeso in attesa di ciò che accadrà.
E’ in questo momento che a Buccari, alle porte di Fiume, vengono trovati i corpi di due ragazze, Vera e Novenka. La prima è figlia di un italiano che, dopo la liberazione di Fiume nel 1918, si è innamorato di una croata e con lei si è sistemato a Buccari, una piccola cittadina di pescatori e contadini, sulle rive dell’omonimo piccolo golfo, entrata per caso nella Storia nel febbraio 1918 quando Gabriele D’Annunzio, al comando di un motoscafo MAS della Regia Marina, vi ha affondato una nave austroungarica. Novenka invece è croata ma lei e Vera sono amiche da sempre, per loro la nazionalità è un concetto senza importanza. Sono cresciute insieme giocando nelle strade acciottolate di Buccari, andando a scuola insieme, parlando dei ragazzi di cui si sono innamorate e che ora sono al fronte, del prossimo film con Amedeo Nazzari che andranno insieme a vedere al cinema a Fiume. Ed è insieme che scompaiono, in quella giornata di fine agosto. Le ritrovano dopo qualche ora di ricerche, dopo che le famiglie preoccupate per la loro assenza hanno chiamato gli agenti del piccolo commissariato di Polizia di Buccari. Sono state uccise entrambe, ma prima hanno subito l’umiliazione dello stupro, e i loro corpi nudi sono stati nascosti sommariamente, in una buca scavata frettolosamente nel bosco e coperta con un po’ di terriccio e frasche. Il Commissario di Buccari chiama in aiuto gli agenti della Squadra Giudiziaria della Questura di Fiume. Non so dirti chi arriva, i documenti ufficiali che ho potuto consultare non ne parlano ma ritengo che uno dei componenti della Squadra che giunge a Buccari per le indagini sia il brigadiere Ettore Innocenti, un vecchio segugio, un investigatore tra i migliori nella Venezia Giulia, l’uomo delle indagini difficili al Confine Orientale.
Chi è stato ad uccidere Vera e Novenka? Buccari in quel momento è una zona abbastanza tranquilla, senza grandi problemi da parte della guerriglia. Magari è stato qualche disertore sbandato che ha sorpreso Vera e Novenka, le ha violentate ed uccise. Oppure no… ad un certo istante di quella vigilia di Ferragosto, il brigadiere Innocenti, mentre esamina il luogo del delitto e interroga i testimoni, sente un brivido di orrore percorrergli la schiena, lo stesso brivido che coglie il vero Poliziotto quando scopre che il criminale da lui ricercato indossa la sua stessa onorata Divisa. Forse sono le dichiarazioni di qualche testimone, forse sono un rapporto o le dichiarazioni degli agenti su cui si punteranno i dubbi, forse solo istinto professionale, ma Innocenti inizia a sospettare delle guardie L. e T., sospetti che diventano rapidamente certezze, di fronte all’accumularsi degli indizi contro di loro.
T. è giovanissimo, di poco più di 20 anni. Si è arruolato da poco, prima che gli arrivasse la chiamata alle armi per il Regio Esercito. Anche se la Polizia durante la guerra non è una professione di tutto riposo, è di certo molto meglio che finire a combattere in Sicilia o nei Balcani. L. ha circa 30 anni ed è in Polizia da prima della guerra. Non è quello che si può definire un poliziotto di prim’ordine, ma fino a quella vigilia di Ferragosto nessuno ha mai avuto motivo di dubitare di lui e di T.
Innocenti mette a parte dei propri sospetti il Commissario di Buccari. Insieme perquisiscono gli alloggi di L. e T. e, nascosti sotto ad un mucchio di altri abiti, scoprono le uniformi sporche di sangue. E’ la prova decisiva. Innocenti ed il Commissario convocano L. e T. , ma i due agenti sono scomparsi dal settore di pattuglia loro assegnato. Di loro non si trova traccia, come se fossero stati inghiottiti dalla terra.
La Squadra Giudiziaria di Fiume e il Commissario di Buccari dichiarano L. e T. irreperibili e inviano il fascicolo sull’assassinio di Vera e Novenka al Procuratore Militare della II Armata, competente per i reati compiuti dai militari, compresi gli agenti di polizia, per il settore di Fiume. E’ il 6 Settembre 1943. Due giorni dopo, l’orologio della Storia termina il conto alla rovescia e l’Italia si arrende agli Alleati, ma non si arrendono il brigadiere Innocenti e gli investigatori della Giudiziaria di Fiume che riescono a mandare avanti il procedimento contro L. e T.. Innocenti e gli altri non sanno se L. e T. sono vivi o morti, ma sanno che Vera e Novenka meritano giustizia e che le loro famiglie hanno il diritto di sapere che gli assassini sono stati condannati e che la Polizia merita di vedere cancellata la vergogna gettatale addosso da L. e T.. Il Tribunale Speciale di Fiume condanna così a morte L. mentre T riceve 27 anni, anche se in contumacia. L’articolo del “Piccolo” risente della censura di allora. Per la “giustizia” nazista che in quei giorni comanda nella Venezia Giulia la pubblicità alle sentenze contro i due ormai ex poliziotti italiani è una strizzata d’occhio agli alleati croati (“vedete come vi proteggiamo, fedeli camerati, contro i maledetti traditori italiani?”), anche se ci si dimentica di dire che L. e T. sono irreperibili. Si sa….forse non è bene far sapere all’opinione pubblica che il processo è contro due latitanti.
Vorrei poterti dire che questa storia del Confine finisce bene, che nel Dopoguerra gli assassini verranno arrestati e puniti dalla Giustizia della nuova Italia e che il brigadiere Innocenti e gli uomini della Giudiziaria di Fiume concluderanno la loro onorata carriera nella nuova Polizia dell’Italia libera.
No, purtroppo. Ettore Innocenti, i suoi colleghi della Giudiziaria e la maggior parte dei Poliziotti della Questura di Fiume vengono arrestati dai partigiani jugoslavi nei primi giorni di maggio del 1945 e fucilati tra il 15 ed il 16 Giugno dello stesso anno sulla pista dell’aeroporto di Grobnico e le loro salme gettate in una fossa comune.
Ed L. e T.? per anni nel Dopoguerra verranno cercati invano dalle Forze dell’Ordine italiane, decise ad arrestarli, ma di loro non si avrà più traccia anche se molte voci provenienti da Fiume raccontano che i due vennero catturati dai familiari delle loro vittime e uccisi, con ogni probabilità gettati in una foiba. Sarò onesto: preferisco pensare che siano finiti così.
Successivamente, consultando frettolosamente l’elenco dei dispersi, qualche storico aggiunse L. e T. alle vittime delle foibe, aggiungendo i nomi dei due latitanti alla terribile lista dei martiri italiani al Confine Orientale, una lista alla quale nessuno dei due merita di appartenere.
Perché ti ho raccontato questa storia? Perché nella mia presunzione ritengo che Vera Albanese e Novenka Kovacich meritino di essere ricordate anche dopo più di sessant’anni, perché ritengo che i Poliziotti della Giudiziaria di Fiume che cercarono di rendere loro giustizia abbiano il diritto di essere rammentati per quello che fecero in vita e non solo per la loro morte e perché credo che anche due mostri come L. e come T. debbano essere ricordati, per rammentare a noi stessi che non basta aggiungere un nome su un elenco per fare di un assassino un Eroe.
(per la redazione di Cadutipolizia.it Fabrizio Gregorutti)