Il tuo giorno
IL TUO GIORNO
di Gianmarco Calore
Buio.
Questa storia inizia con il buio. E’ quello della camera da letto di un giovane Poliziotto che si sta godendo gli ultimi minuti di un meritato riposo. Buio è anche quello di una uggiosa giornata novembrina, l’ora legale cambiata da poco, le luci dei lampioni in strada velate da un’insistente pioggerellina che da qualche giorno cade monotona sui tetti e sulle strade della sua città. Al buio si unisce ben presto il trillo sommesso di una sveglia che il giovane Poliziotto pensa bene di spegnere subito, prima di disturbare sua moglie che si muove impercettibilmente ancora addormentata. Sono le 6 meno qualcosa e l’agente si alza senza far rumore: sa che deve fare presto, gli tocca il 7-13 in volante e con quel tempaccio di sicuro troverà traffico e la cronica assenza di parcheggio nei pressi della questura. L’agente si prepara meticoloso facendosi la barba: lo specchio gli rimanda l’immagine di un ragazzone dal viso buono, sereno. Avrebbe voglia di fischiettare quel suo motivetto preferito che in Sezione Volanti è diventato una sorta di tormentone e che gli ha valso le bonarie prese in giro dei suoi colleghi. Ma di là c’è sua moglie che dorme e lui non la vuole svegliare. Già, sua moglie…. Al suono di quella parola, sul suo volto spunta un sorriso beato. Eh, sì! Che effetto può fare una parola che fino a due mesi prima non c’era ancora! In cucina trova la caffettiera già pronta, piccolo gesto di un grande amore. Sorseggia il caffè e, prima di uscire, torna in camera e posa un bacio sulla fronte della donna che ha da poco sposato. E’ proprio una bella giornata.
Esce di casa.
E’ una buona mattina, anche se piovosa. Con la testa sta già pensando al turno che deve fare, alla notte che lo aspetta subito dopo e poi ai due giorni di riposo che – guarda caso – coincidono con un week end. A questo pensiero la mattina diventa ancora più buona: “Finalmente – pensa – un fine settimana tutto per noi!”. Sale in macchina e si immette sulla statale “Piovese” in direzione di Padova. Pensa che tutto sommato è stato anche fin troppo fortunato: per strada c’è poco traffico, forse è riuscito ad evitare per qualche minuto l’ora di “punta”. “Magari – spera – riesco anche a trovare posto davanti alla questura…”. Guida prudente, il Poliziotto. Prudente lo è sempre stato, fin da ragazzino. Lo è stato anche a settembre quando gli amici lo hanno portato in un locale sui Colli Euganei per il suo addio al celibato in cui, si sa, gli eccessi non mancano mai. Per tornare a casa a notte inoltrata i colleghi gli hanno fatto da scorta, una macchina davanti e una dietro, come angeli custodi che a 30 all’ora lo hanno rimesso a nanna felice e contento. Via Piovese arriva sul ponte di Voltabarozzo, un rapido sguardo alla corrente del canale Scaricatore che scorre limacciosa ai suoi piedi e poi via, subito in via Facciolati. Ancora pochi minuti e la questura gli aprirà per l’ennesima volta i suoi cancelli. E’ quasi arrivato a Pontecorvo quando vede un’anziana signora tutta infagottata nel suo cappotto marrone che sta cercando di attraversare la strada. Automaticamente lui ferma la macchina e le fa segno di passare, sorridendo tra sé mentre la vecchietta lo ringrazia a sua volta con un cenno dell’ombrello. “Ma dove va, a quest’ora e con questo tempo da lupi?” si domanda, ben sapendo come gli anziani abbiano una concezione del tempo tutta loro. Sono le 6:30…. Ancora qualche secondo per accertarsi che la nonnina abbia guadagnato il marciapiede. La prima già innestata, sta per riprendere la marcia quando con la coda dell’occhio, proprio dove c’è la signora, nota qualcosa di strano. Qualcosa che non c’entra nulla con la situazione. Qualcosa che il suo occhio allenato di Poliziotto riconosce subito come un pericolo. Un giovane alto, magro, biondiccio, con i capelli impastati dalla pioggia e anch’egli infagottato in una lisa giacca a vento celeste arriva alle spalle dell’anziana donna e con mossa fulminea le strappa la borsetta iniziando a correre verso porta Pontecorvo, il diavolo alle calcagna. “Eh, ma porco mondo….” impreca il giovane Poliziotto mentre automaticamente la sua mano ha già aperto lo sportello dell’auto. La pioggia gli bagna la faccia dandogli il suo freddo benvenuto nel mondo reale, mentre lui abbandona il caldo abitacolo della sua macchina, le note di una canzone di Battisti che si smorzano mentre lui grida: “Fermati, Polizia!!” Un rapido sguardo alla donna scippata per sincerarsi che stia bene e poi giù a rotta di collo in un inseguimento forsennato. Il Poliziotto è uno che di pratica ne ha tanta. Sa che è inutile “bruciare” tutte le sue energie in un improduttivo scatto di poche decine di metri. E’ molto più saggio adottare una falcata regolare e tenere a vista il mariuolo che – di sicuro un tossicodipendente – tra poco crollerà esausto tra le sue braccia di tutore della Legge.
“Corri, Marco, corri!” si continua a ripetere mentre tutta la sua attenzione è concentrata su quel delinquente che ora gli si è fatto più vicino, tanto da potergli leggere la scritta sdrucita riportata sulla schiena.
“Dai, che lo prendi!”… pensiero stupendo! Che mattinata! Iniziamo presto a lavorare, eh!! Proprio una buona mattina, il tuo giorno…
Marco gli è così vicino che quasi non si accorge di avere raggiunto l’incrocio semaforico con via Gattamelata, un’altra trafficatissima arteria di Padova che corre adiacente alle mura cinquecentesche della città. Ha già fatto i suoi conti, Marco: “Ora passo l’incrocio e lo placco proprio lì, vicino alla bottega di biciclette!”…
C’è un altro uomo che quella mattina ha fatto le medesime operazioni di Marco: sveglia di buon’ora, rapida colazione, i conti col traffico…. E’ un giovane Carabiniere che sta raggiungendo anch’egli il proprio posto di lavoro, la caserma di Prato della Valle. Anche lui con mille pensieri in testa procede con prudenza verso la sua destinazione. Arriva al semaforo Gattamelata – Facciolati. Ha il verde, ma va piano lo stesso. Improvvisamente vede due sagome umane che gli tagliano la strada, lì, a pochi metri dal muso della sua auto.
“Nooo, cazzo!!!!” urla disperato. Un rapido scarto col volante e un pestone sul freno, in barba a tutte le lezioni di guida sicura…. Riesce ad evitare la prima sagoma che guadagna la salvezza sul marciapiede del viale alberato. Ma la seconda, quella no: quella la prende in pieno. Un botto secco, poi subito un altro, più sordo, con il parabrezza che viene inondato da milioni di reticoli di vetro frantumato…. la macchina in testacoda che si ferma a ridosso del cordolo del marciapiede……
Scende, il Carabiniere: si avvicina a quella sagoma e vede che è un ragazzo poco più giovane di lui. E’ a terra e rantola, sangue ovunque… “AIUTO!!!” grida alle macchine che passano. Molti si fermano, qualcuno già con i primi cellulari in mano. L’ambulanza con il medico a bordo parte dalla vicina via Nazareth, dove c’è la sede della Croce Verde. Ci mette neanche un minuto ad arrivare. L’anestesista lo intuba al volo, gli prende una vena e gli scarica un flacone intero di Emagel, quel sostitutivo sintetico del sangue che serve a mantenere la pressione sopra la soglia di guardia. E poi la corsa in ospedale dove in chirurgia stanno già aspettando il suo arrivo. In pronto soccorso vogliono sapere chi è, gli frugano nelle tasche e salta fuori un tesserino bianco e verde: c’è scritto “Polizia di Stato”. Nel frattempo in questura il secondo turno sta dando il cambio agli smontanti: occhi assonnati di chi è arrivato salutano altri occhi assonnati di chi va a casa. Il solito tran tran di tutti i cambi turno. Giù alle macchinette del caffè il coordinatore distribuisce le buste con le schede di controllo a ciascun equipaggio. Ma manca qualcuno.
“Antonella, con chi sei oggi?”
“Faccio Volante 2 con Marco, ispettore”….
Poi la notizia. Poi la corsa in ospedale. Poi una settimana di agonia che vede tutti i colleghi della sezione Volanti darsi il cambio fuori da quella porta in vetro acidato con la scritta “Rianimazione”. Dopo il turno, via in ospedale cercando con gli occhi una risposta negli occhi dei medici….
Buio.
Questa storia si chiude con il buio. E’ un buio ovattato che appartiene ad un’altra dimensione. Non ci sono voci, non ci sono rumori. C’è solo buio, ovunque. Sai che ti è successo qualcosa, percepisci che intorno a te c’è gente: sono tutti lì per te, come quel giorno quando ti sei sposato, ricordi? La chiesa gremita di amici, i colleghi che ti erano venuti a trovare con due volanti, cercando bonariamente di dissuaderti ad entrare: “Marco, sei ancora in tempo, salvati, scappa!!” gridavano festosi. Anche quel giorno avevi la stessa sensazione di adesso, quella di trovarti in barca, con il terreno che ondeggiava ai tuoi piedi perché ogni tanto un’onda lo agitava. “No, ragazzi, ormai è troppo tardi!” avevi ribattuto fintamente rassegnato ai colleghi che cercavano di caricarti sulla “33” per portarti via dalla chiesa….
Come adesso. Ormai è troppo tardi, ragazzi…
L’Assistente della Polizia di Stato Marco Nardo muore così, in un empito della sua generosità che lo aveva sempre contraddistinto anche al di fuori del lavoro. Riceverà la nomina ad Assistente Capo per merito straordinario di servizio. Proprio un merito straordinario. Io so che c’è un essere, là fuori. Definirlo uomo è davvero troppo. Questo essere trascina la sua misera vita di giornata in giornata, di scippo in scippo, di “buco” in “buco”. Non so dove sia, non so nemmeno chi sia, ma so che è lì. Magari – chissà – qualche volta in questi anni l’ho anche arrestato, di sicuro controllato. E’ uno che ha sulla coscienza un angelo al quale ha strappato le ali. Non serve aggiungere altro. Che il suo gesto lo possa accompagnare sempre, tormentandolo. O forse anche lui ha trovato il suo buio, magari alla fine dell’ennesima “pera”. Ne abbiamo parlato tante volte, coi colleghi. Ma da parte mia perdono, MAI! Ho scritto spesso sui nostri Caduti, in questi anni. Ma mai un articolo mi è costato tanto dolore come questo. Le mie dita viaggiavano sulla tastiera scrivendo e cancellando, scrivendo e cancellando…. Davanti ai miei occhi, solo il volto di un grande Collega e la mia inadeguatezza a mettere giù parole che rispecchiassero sul serio chi è stato Marco e ciò che sono stati quegli avvenimenti per tutti noi.
Spero di averlo fatto nel modo giusto.
Ciao, Marco!
Per la Redazione Cadutipolizia: Gianmarco Calore.
Ho letto questa storia, vivendola,Sig. Calore.
Grazie. Purtroppo chi scrive l’ha vissuta direttamente….
Non dimenticherò mai quel giorno perché l’ ho vissuto da vicino. Ero in ospedale per una visita ed arrivarono entrambi , l’anziana signora dal cappotto marrone, che ricordo diceva di essere nata a Zara, e il povero ragazzo , su una barella , scalzo, con lo zainetto appeso alla barella. Si fermarono tutti per dargli priorità nel fare la Tac. Lessi solo nei giorni seguenti , dai giornali cosa era successo e che purtroppo quel povero poliziotto era morto e che lasciava una giovane moglie. È tutto per cosa? Per colpa di un delinquente che per pochi spiccioli ha distrutto la vita di un uomo e della sua famiglia! Che sia maledetto per l’eternità