Il massacro di Piazza Castello (la fine della Regia Guardia, 30 dicembre 1922)
Dicembre 1922
Quando sale al potere Mussolini inizia il conto alla rovescia per la Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza. E’ l’unica Polizia che può essere toccata, i Carabinieri e la Finanza sono di stretta osservanza monarchica e intervenire su di loro significa porsi in attrito con il Re e l’Esercito. La Guardia invece, è soltanto la creazione dell’Italia liberale ormai scomparsa. Può morire con lei.
Il Duce nomina Capo della Polizia uno dei suoi fedelissimi, il generale Emilio De Bono. E’ l’uomo adatto per farla scomparire, con il pretesto della riorganizzazione delle Polizie.
Si approfitta delle festività natalizie per eliminare il Corpo. Basta un Regio Decreto per distruggere i sacrifici ed il sangue versati nei tre anni precedenti. Il testo piomba come una mazzata nelle caserme sparse in tutto il Regno e dall’oggi al domani i militari della Regia Guardia si ritrovano disoccupati…. Ebbene sì, perché lo scioglimento della Guardia non significa l’assorbimento automatico dei militari e degli agenti nel neonato Ruolo Specializzato dell’Arma dei Carabinieri. Gli ufficiali ritorneranno nei Corpi di provenienza o verranno ammessi nell’Arma con il grado precedente ed alcune altre facilitazioni, ma sottufficiali e guardie sono ammessi a domanda, una domanda che non è nemmeno certo venga accettata, tanto che è previsto il licenziamento e il collocamento a riposo dei militari che non corrispondono ai requisiti per l’ammissione al Ruolo Specializzato.
Ed è così che migliaia di guardie si trovano in mezzo ad una strada senza lavoro.
L’agenzia giornalistica “Stefani” (l’antenata dell’ANSA) il 2 Gennaio 1923 scrive che la decisione dello scioglimento, spiegata dagli ufficiali alle guardie in nome dei superiori interessi della Patria, è stata accolta in silenzioso rispetto e addirittura con sollievo… ma certo, come no…in realtà nelle caserme serpeggia quello che solo con un eufemismo può essere chiamato malumore. No, tra le giovani guardie c’è rabbia e disperazione e protestano vivacemente. Hanno sofferto, hanno lottato, hanno versato sangue e hanno visto morire i loro colleghi e ora non ci stanno ad essere allontanati così, con un regio decreto che ha tutto il sapore di un umiliante benservito… a Parma, Pisa e Genova i militari vengono faticosamente calmati dai propri ufficiali, a Napoli un paio di centinaia di guardie attacca la sede del Fascio, causando molti danni. È però a Torino che lo scioglimento della Regia Guardia si trasformerà in tragedia.
(avvertenza: quello che segue è tratto dalle cronache della “Stampa” e della “Gazzetta del Popolo” del 31 Dicembre 1922, per le quali ringrazio il prof. Milo Julini . Personalmente considero estremamente credibili questi resoconti giornalistici, sia perché ben scritti da cronisti testimoni dei fatti ma anche perchè il governo sequestrò la maggior parte delle copie dei due quotidiani, all’evidente scopo di cancellare una versione indipendente degli avvenimenti)
E’ dal pomeriggio del 30 Dicembre che centinaia di guardie regie si sono chiuse nelle caserme dell’antica Capitale. La rabbia è feroce, la sensazione del tradimento è dolorosa. I fascisti vengono visti come i principali responsabili dello scioglimento e dalle caserme giungono urla che fanno paura “ABBASSO MUSSOLINI!” e “VIVA LENIN!”. Sì, “Viva Lenin!” perché le guardie regie, ingannate ed umiliate, inneggiano al leader bolscevico russo in contrapposizione al Duce, ma non è una presa di posizione politica bensì un grido di sfida rivolto a chi li ha traditi.
Ma alle 21,15 dalla caserma “Carlo Emanuele” di via Giuseppe Verdi escono a gruppi centinaia di giovani guardie regie, armate sino ai denti e decise sia a protestare dinanzi alla Prefettura che a dar battaglia ai fascisti. Su Torino cade neve mista a pioggia, che a terra si trasforma in una fanghiglia disgustosa che, a molte delle guardie, ricorda il fango delle trincee alle quali credevano di essere sfuggite.
Gli ufficiali delle guardie regie e quelli dei carabinieri cercano di fermare quello che minaccia di diventare un ammutinamento e in molti casi ci riescono. Uno di loro, il capitano Guerra, insieme al vicecommissario Ramella fa desistere molti dei suoi ragazzi convincendoli a rientrare nei ranghi, per evitare il massacro fratricida tra Uomini dello Stato «Avete fatto la vostra dimostrazione – dice – ed ora bisogna che finisca perché questi spari disordinati potrebbero colpire qualche pacifico cittadino. La vostra protesta è fatta, incolonnatevi e seguite il comando». Guerra è un Comandante rispettato ed amato e i suoi ragazzi gli obbediscono anche se dal loro gruppo giunge un grido carico di amarezza “ABBIAMO FATTO LA GUERRA ED ORA CI MANDANO VIA!”. Ad ogni buon conto, davanti alle caserme “Carlo Emanuele” e “Cernaia” arrivano carabinieri, alpini e cavalleggeri provvisti di autoblindo e mitragliatrici, che bloccano gli ingressi. Come si suol dire, con le buone e con le cattive…ugualmente però i militari non aprono il fuoco sulle guardie. Anche se il Corpo non ha mai ispirato grandi simpatie nelle altre strutture militari, a soldati e carabinieri ripugna uccidere altri Italiani in divisa. Le cronache lasciano capire chiaramente che si cerca di trovare una soluzione pacifica per evitare un eccidio ed è così che funzionari di P.S., ufficiali delle Guardie Regie, carabinieri ed esercito rastrellano per tutta la città le guardie regie che partecipano all’ammutinamento e che si arrendono senza opporre resistenza, ad eccezione di un gruppo di 200- 300 giovani che marciano verso Piazza Castello e la Prefettura.
Ma ai fascisti la soluzione pacifica non basta. A comandare le camicie nere di Torino è il “ras” cittadino Piero Brandimarte, un fanatico assassino che meno di due settimane prima si è reso responsabile di una carneficina ai danni di socialisti e comunisti e ora le urla che sente provenire dai poliziotti in marcia offendono la sua sensibilità “VOGLIAMO LA NOSTRA BANDIERA!” “VIVA LA GUARDIA REGIA!” “ABBASSO I FASCISTI!” “ABBASSO MUSSOLINI!”. Con centinaia di squadristi armati di tutto punto si presenta in Questura, a quel tempo in piazza San Carlo. Il Questore in quel momento si trova all’interno della caserma “Carlo Emanuele” dove calma gli animi dei poliziotti rimasti che, per quanto non abbiano preso parte all’ammutinamento sono delusi e furibondi. Altri funzionari e ufficiali stanno convincendo i gruppi di ammutinati nel centro di Torino a ritornare nei ranghi. I dragoni del Nizza Cavalleria si stanno dirigendo verso Piazza Castello, dove bloccheranno il folto gruppo di poliziotti che si sta dirigendo verso la Prefettura, Palazzo Reale e Palazzo Madama, che lì si trovano. Quando le guardie regie si troveranno dinanzi ai soldati lanceranno qualche grido di protesta, poi una volta raggiunti dai propri ufficiali torneranno in caserma, come tutti gli altri. Finirà tutto bene, pensano i pochi funzionari rimasti in Questura che quindi non hanno tempo da dedicare ai formidabili guerrieri delle squadre d’azione fasciste e al loro condottiero assetato di sangue. Male, perché poco prima delle 23, sentendo le grida delle guardie regie avvicinarsi alla vicina Piazza Castello, gli eroici squadristi dopo avere berciato qualche “alalà” scompaiono e si dirigono di corsa verso Piazza Castello, prima che venga raggiunta dall’Esercito, ed è qui che si appostano,armati con fucili e pistole, attendendo che le guardie regie escano dalle vie laterali.
La loro attesa viene premiata pochi istanti dopo.
Quando le guardie regie escono allo scoperto nella piazza si trovano dinanzi non a degli avversari, ma ad un autentico plotone di esecuzione, una gragnuola di colpi che abbatte la prima fila dei poliziotti, uccidendo le guardie Fortunato Arcuri, di 21 anni, Alfredo Leone, di 22, Antonio Correnti, di 25 e Vincenzo Pagliano, di 21. Altri tre poliziotti rimangono feriti nell’agguato. Muore anche una giovanissima camicia nera, forse colpita dai pochi proiettili sparati dalle guardie regie, forse uccisa per errore dai suoi stessi camerati così entusiasti di ammazzare.
La Regia Guardia per la Pubblica Sicurezza scomparve così, in una notte di fine dicembre. Decine di poliziotti vennero arrestati e deferiti dinanzi al Tribunale Militare per la loro partecipazione agli scontri, altre migliaia vennero licenziati e buttati sulla strada, ad ingrossare le file dei disoccupati. Quando, nelle settimane ed i mesi successivi, vennero definitivamente congedati, spesso i loro convogli diretti verso il Sud vennero attesi alle stazioni ferroviarie dalle camicie nere, che riservavano agli ormai ex poliziotti dileggi ed insulti terribili. Altrettanto spesso, però le guardie regie, che non avevano più nulla da perdere, scendevano dai treni ingaggiando violente risse con i fascisti, risse dalle quali le guardie uscirono sempre vincitrici.
Ma furono delle magre soddisfazioni per quei ragazzi che avevano rischiato la vita per uno Stato che li aveva poi ringraziati tradendo le loro speranze ed i loro sacrifici.
Le guardie regie ritornarono alle loro esistenze nel difficile Meridione italiano degli anni ’20 e ’30.
Non so che cosa sia stato di loro, come siano sopravvissuti, come il Regime li abbia trattati, se siano stati riassunti al momento della rifondazione della Polizia nel 1925 oppure se delusi abbiano preferito restare ai campi che avevano lasciato appena pochi anni prima o se addirittura abbiano abbandonato l’Italia in cerca di un avvenire migliore.
Ma so che meritavano molto di più dal loro Paese.
(per la redazione di Cadutipolizia.it Fabrizio Gregorutti)
Grazie per il racconto, ma ancora arrivato oggi mi chiedo chi era mio nonno e perche fosse cosi duro coi suoi figli. Ho il congedo appeso al muro di casa e a volte mi chiedo cosa avrá dovuto sopportare e cosa vedere nella sua vita. Certo é che nella sua durezza ha cresciuto 7 figli sani forti e con una grande volontá di vivere.
Gentile signor Manni,
ringrazio lei per il suo cortese messaggio. Ciò che ha affrontato la generazione che “fece” la Grande Guerra è qualcosa di inimmaginabile, che ebbe inevitabili riflessi sulla vita personale e nelle famiglie.
Mi permetta però una domanda: lei è discendente dell’agente investigativo Fidenzio Manni, caduto in servizio nel 1920?
Cordiali saluti.
a nome della redazione,
Isp.S. Fabrizio Gregorutti
No mio nonno Pelanda Celeste classe 1894
Grazie per la sua pronta risposta.
Ancora i miei più cordiali saluti,
Isp. GregoruttiFabrizio
Buonasera,
Esiste un archivio dove sono elencate le guardie regie?
Sto cercando le origini della mia famiglia e parrebbe che il nonno di mio padre ne facesse parte.
Si chiamava Cesare Brigato, affrontò a duello un ufficiale per circostanze a me sconosciute. L’ufficiale fu ferito o ucciso, così mio nonno dovette scomparire dalla circolazione.
Con l’aiuto del cognato, si imbarcò clandestinamente su una nave a Genova la quale affondò e morirono tutti.
Sono racconti che si tramandano da qualche generazione, ovviamente tenuti nel riserbo durante i primi del 1900 per non destare scalpore.
Mi piacerebbe fare luce sulla vicenda.
Cordiali Saluti
Marco Brigato
Buonasera,
in merito agli elenchi degli appartenenti alla Guardia Regia, se il suo antenato era davvero un appartenente al Corpo, dovrebbe esistere tuttora il suo fascicolo o il suo foglio matricolare. Le suggerisco quindi di rivolgersi al servizio “Scrivici” sul sito della polizia di Stato http://www.polizia di Stato.it, precisando appunto di essere discendente di un appartenente al Corpo e di desiderare copia del foglio matricolare del suo avo, precisando i dati anagrafici e, qualora lo sapesse, anche il distretto militare di origine. Sulla base di queste informazioni ritengo che possa avere una risposta celere (almeno ciò avveniva in epoca pre COVID).
Qui però si pone un problema: Lei è certo che il suo antenato era un appartenente alla guardia regia? Lei infatti accenna ad un catastrofico naufragio nel corso del quale suo trisnonno scampo alla morte. Ora, a memoria me ne vengono in mente due: il naufragio della nave “Sirio” avvenuto nel 1906 al largo delle coste spagnole e quello della nave “Principessa Mafalda” avvenuto nel 1927 al largo del Sudamerica. Entrambe le tragedie costarono la vita a più di 600 persone ciascuna.
Nel primo caso, se il suo antenato era davvero un ex poliziotto di allora e se i ricordi sono esatti, si tratterebbe di una guardia di città (1890-1919) e nutro forti dubbi che la polizia sia in possesso della sua documentazione storica. Nel secondo caso la tragedia avviene a cinque anni dallo scioglimento della Guardia Regia. In entrambe le possibilità, si tratta di una storia interessante.
Cordiali saluti,
Isp. Fabrizio Gregorutti
Buongiorno Fabrizio,
prima di tutto la ringrazio molto per la sua celere risposta.
Il dubbio che avesse fatto parte o meno della Guardia Regia effettivamente c’è, sto cercando di reperire più informazioni possibili anche mediante l’archivio di stato.
Farò un tentativo con la sezione “scrivici” della Polizia di Stato, magari loro sapranno darmi qualche informazione in più.
Le farò sapere eventuali sviluppi
Cordiali Saluti
Marco Brigato
Si sapevo piccole cose di questa storia ma non precisa come viene descritto e alcuni politici si permettono di darci dei fascisti ai Poliziotti che sono la vera salvezza della democrazia in Italia. Grazie per quello che ho letto.
Buongiorno, mio padre nato nel 1900 è stato guardia regi, ho la sua foto vestito con la divisa si chiamava Cuccu Antonio mi piacerebbe sapere qualcosa in più
Buongiorno a lei.
Si riferisce al Corpo della Regia Guardia o più specificatamente alla carriera di suo padre?
Sono anni che cerco di ricostruire la vita travagliata di mio nonno utilizzando le informazioni che posso desumere da 4-5 foto che fortunatamente ho salvato. Di sicuro era stato una Guardia Regia ma poi lo ritrovo come manutentore della linea ferroviaria Terni-L’Aquila, nato a gen.1900 e deceduto a giu.1937 travolto da un’auto mentre tornava a casa in bicicletta. Dei sui 37 anni conosco ben poco e la ringrazio per le sue indicazioni se, come ho letto dai commenti, posso avere il suo foglio matricolare contattando la Polizia di Stato.