Quando in strada si muore
Cosa resta di un poliziotto quando muore? Col tempo, neanche il ricordo.
E’ una realtà contro cui da tanti anni stiamo combattendo: accade il fatto, si accendono le luci della ribalta (a volte anche a sproposito, con foto e filmati che tutto fanno, tranne che portare rispetto), va in scena la solita kermesse fatta di bandiere, saluti alla visiera, squilli di tromba, le solite frasi “per sempre con noi”, “non ti dimenticheremo mai”, “nei nostri cuori”….
Poi la bara scende sottoterra, le trombe vengono riposte nei loro astucci, le alte uniformi nei loro armadi, le luci della ribalta piano piano si spengono. Ed entra in scena un altro personaggio: il tempo che passa.
Ieri è caduto un altro nostro Fratello che stava adempiendo al suo Dovere. Ai banditi che sparano oggi si sono sostituite le auto che corrono. Il risultato rimane lo stesso. Morire come “Stradalino”, col Centauro sulla spalla, è un’eventualità tutt’altro che remota perché in strada combatti ogni giorno contro nemici meccanici, non in carne ed ossa. Chi li guida non è quasi mai un assassino o un bandito: molto spesso è gente che lavora, che deve fare quadrare orari e consegne; alcuni di loro si svegliano a orari impossibili e si mettono alla guida di “bisonti” da 300 quintali nei quali tutto si dilata mostruosamente, a partire dai tempi di frenata.
Aggiungiamoci una rete viaria molto spesso superata, obsoleta, male in arnese, sulla quale questi “bisonti” devono correre, correre e sempre correre. Perché se non lo fai, il capo ti lascia a casa e prende al posto tuo un altro, magari pagandolo di meno ma che però gli corre di più.
Quando lo “Stradalino” scende dalla sua autopattuglia diventa la cosa più vulnerabile che esiste. E si deve porre molto spesso in condizioni di estremo pericolo che mai nessuna linea-guida potrà prevedere. Perché ci sono situazioni che sconfinano nell’imponderabile, ma che quello “Stradalino” deve saper gestire (e risolvere) in un battito di ciglia.
Angelo Gabriele Spadaro aveva 55 anni. Voglio soffermarmi su questo. Vuol dire che almeno da 30 stava calcando le strade italiane con addosso i “Centauri”, gli stivali che contraddistinguono l’Uniforme della Polizia Stradale. Uno che ne ha viste di tutti i colori, sicuramente uno che ha rinunciato a una più comoda attività dietro una scrivania pur avendo tutto il diritto di richiederla. Perché la strada era il suo mondo, quel lavoro la sua soddisfazione.
Ieri notte è morto, gettato via da uno di quei “bisonti” che non ha arrestato la sua corsa in tempo. La sua giubba strappata, appoggiata al guard rail è ciò che ognuno di noi si deve stampare in mente. E’ il simbolo di un sacrificio estremo, mai scontato, mai retorico. Rappresenta un uomo che non c’è più. E che non va dimenticato.
Per la redazione Cadutipolizia: Gianmarco Calore.
Per Angelo e Tutti gli Angelo. Un abbraccio.
Ho ricevuto una telefonata ieri da chi era sul luogo dell incidente, descritto (riporto testuali parole) come un disastro, uno scenario di guerra…
Quel “stiamo rientrando ora… un bordello…” carico di amarezza, sgomento, tristezza, rassegnazione e anche stanchezza… nn ha bisogno di commenti ma una cosa va detta… che fosse un poliziotto in servizio in una terra spesso abbandonata da Dio, il che rende anche un po’ l’idea di cosa voglia dire portare una divisa lì… o che si trattasse del vostro collega Ispettore Superiore Rosario Sanarico e ancora di Eugenio… (uno di noi) ognuno nel proprio cuore deve fare una sola cosa, per loro in primis, per le loro famiglie e per noi tessi in ultimo, rendere ONORE al CORAGGIO… in un mondo in cui nn sappiamo più nemmeno cosa significhi semplicemente allungare una mano…
Chiunque fossero… nn importa persone innanzitutto con pregi, difetti ecc ecc… che nn c hanno pensato un secondo e che se potessero raccontarcelo adesso sono sicura che ci direbbero che… “nn lo so nn ho pensato a niente in quel momento ho sentito, ho visto che aveva bisogno e l ho fatto…” “il suo mondo la sua soddisfazione…” e forse anche una missione…
Ecco, è di questo che nn ci si deve MAI dimenticare.
Perché è di questo che stiamo parlando vero?
Cordialmente