La crisi dello Stato di diritto
La strage nella questura di Trieste ha aperto gli occhi a tutti noi su un male sordo e silenzioso che da troppi anni accompagna la quotidiana attività operativa delle Forze dell’Ordine: quel senso di inadeguatezza che ormai in troppi stiamo provando ogni giorno sulla nostra pelle.
E’ un’inadeguatezza che prescinde dal livello di preparazione di ciascun agente, nonostante i tentativi di detrazione dei soliti tuttologi del web. Questa inadeguatezza affonda le sue radici in tempi recenti, quando troppi colleghi hanno pagato sulla propria pelle la gogna mediatica per fotografie e filmati troppo spesso decontestualizzati, ma che sono bastati per crocifiggerli umanamente e professionalmente, quasi mai difesi o tutelati da un’Amministrazione troppo spesso latitante e acquiescente verso una parte di magistratura dichiaratamente anti-Polizia e verso una stampa altrettanto spesso politicamente schierata “contro”.
Un esempio? L’uso delle manette di sicurezza. Ho volutamente evidenziato questo complemento di specificazione, sottaciuto da tutti i manuali, poiché è proprio questo il concetto che dovrebbe stare alla base del loro utilizzo: la sicurezza, in primis dello stesso soggetto sottoposto a tutela degli operatori; in secundis, degli operatori chiamati a gestirlo. Quante volte è capitato infatti che un fermato, inizialmente collaborativo, abbia d’improvviso adottato atteggiamenti palesemente ostili e violenti nei confronti degli agenti? Ve lo dico io: centinaia. Sono situazioni in cui è necessario ricorrere all’uso della forza per contenere le intemperanze di un soggetto che, se ammanettato, sarebbe stato invece innocuo. Già, l’uso della forza: quanto di più aborrito anche da chi ci comanda, sempre pronto a esigere comportamenti ineccepibili, da guanti bianchi e scarpette lucide, dimenticando che purtroppo il nostro lavoro ha a che fare anche con l’uso della forza. Badate bene: ho scritto FORZA, non VIOLENZA. La violenza è un qualcosa di dolosamente preordinato al fatto in sé, pianificato e voluto a priori: nessuno di noi si alza la mattina, indossa la divisa e va in strada pianificando di spaccare la bocca a qualcuno! Ma quando è necessario opporsi a un’aggressione violenta, cari i miei funzionari, giornalisti e varia umanità perbenista, beh, i guanti bianchi e le scarpette lucide bisogna metterli da parte. E molti casi di scontro fisico si sarebbero potuti evitare proprio mediante l’uso delle manette di sicurezza che voi tanto aborrite. Perché manetta significa sopraffazione e sopraffazione significa fascismo! Alla fine, sempre lì si va a parare! Perché deve essere sempre la Polizia a sbagliare!
L’assassinio di due poliziotti all’interno di una questura è qualcosa di assolutamente inconcepibile e ingiustificabile, il frutto malevolo di anni di terrorismo psicologico instillato nel personale: attenti che se sbagliate, poi vi arrangiate! E così molti colleghi prediligono un approccio “tenero”, addirittura amichevole con il fermato di turno: niente manette, portalo a fumare, portalo alle macchinette a bere il caffè…. dato che ci sei, fagli fare anche una visita guidata ai vari uffici! Il più delle volte va bene; altre volte va male. Quanti fermati sono riusciti a fuggire da quella che dovrebbe essere una fortezza, proprio per quell’atteggiamento morbido che il collega è costretto ad adottare perché se il soggetto si arreca da solo anche un minimo graffio, apriti cielo! A Trieste è andata ancora peggio…..
Signori miei, state consegnando alla storia una generazione di Poliziotti impauriti non tanto dal lavoro che fanno, ma dalle sue conseguenze. Conseguenze penali e disciplinari che portano ciascuno di noi ad adottare l’unica difesa possibile: il tirare i remi in barca, cercando di limitare al massimo tali conseguenze.
E’ per questo che tutto il sistema che regola uno Stato di diritto sta andando in crisi: perché il diritto viene interpretato troppo spesso a senso unico, con un fermato SEMPRE vessato e con una Polizia SEMPRE violenta. Nessuna custodia cautelare in carcere, anche nei casi di lesioni gravi a un agente; l’ipotesi di reato di tentato omicidio sempre derubricata in lesioni o semplice resistenza anche quando il soggetto ha usato contro l’operatore coltelli, mazze, asce, machete: l’ordine di scuderia è “nessuno vada in carcere!”. Viceversa, quando è il fermato a patire lesioni, la graticola per il malcapitato operatore è sempre pronta.
Per questo perverso sistema di valutazione sono morti due giovani agenti, due ragazzi che ancora credevano in ciò che stavano facendo. Ci credevano a tal punto da postare in rete uno dei filmati più significativi che mi sia capitato di vedere da anni: “Dormite tranquilli, stanotte c’è la Volante 2 !”. Un messaggio diretto, poche parole che dovrebbero raggiungere il cuore di ogni cittadino, anche di quei cerebrolesi che non hanno perso tempo per digitare sul web frasi offensive, indegne di un essere umano, troppo codardi per venire a dircelo in faccia.
“Dormite tranquilli”, quello che è la vera essenza di ogni Poliziotto: vigiliamo sulla vostra serenità.
Che il Signore vi accolga, poveri Martiri……
(foto in evidenza tratta da https://trieste.diariodelweb.it/trieste/articolo/?nid=20191006-543597)
Nel più grande dolore per ciò che è accaduto condivido quanto scritto da te. Mi permetto solo di aggiungere alcune brevi considerazioni. Nel mondo della formazione da più di venti anni si sta subdolamente inserendo la teoria che con la comunicazione si possa risolvere tutto. E qui mi fermo per un doveroso riserbo nei confronti dell’Amministrazione, considerato che siamo su di un social net. Peccando poi di sintesi si potrebbe dire che non si può a distanza di oltre 70 anni da quei tragici fatti ridurre OGNI aspetto della vita odierna all’antitesi fascismo-antifascismo per cui ‘uso della forza è fascista, il non uso è democratico. E’ una visione distorta della realtà. Sfortunatamente la vita quotidiana non funziona così e non è Topolinia dove il Commissario Basettoni con l’aiuto di Topolino riesce sempre a fermare i bassotti senza che nessuno si faccia male. Nessuno auspica un sistema al di fuori del diritto ma è evidente che purtroppo il dialogo non è sufficiente nell’affrontare le situazioni di turbativa della sicurezza pubblica…. E’ di tutta evidenza il fallimento (voluto?) dell’attuale sistema processuale penale rispetto al precedente ed allora come ci arriviamo noi ci sono già arrivati molto prima tutti coloro che fanno politica ma tutti preferiscono fare lunghi discorsi inutili piuttosto che raccogliere le firme per proporre un referendum abrogativo…..per cui…se ne deve dedurre che la volontà politica è quella di continuare con il martirio dei buoni per salvare i cattivi…
Aggiungo un’altra misera considerazione. La mia generazione è cresciuta negli studi accademici con quelli che venivano definiti mostri sacri del diritto, autori anche di testi che per anni sono stati testi di riferimento in molti prestigiosi Atenei. Uno di questi è l’ANTOLISEI per quanto riguarda il diritto penale. Ebbene, a sentire certi commenti alle volte mi sembra di essere in un altro mondo. In quel testo è ben spiegata cos’è un comportamento che costituisce reato e cos’è una scriminante cioè una causa di giustificazione che escludono la punibilità. Tra queste com’è noto v’è l’articolo 52 che parla della legittima difesa da parte del privato cittadino e l’articolo 53 che parla dell’uso legittimo delle armi o di altro mezzo di coazione fisica da parte del pubblico ufficiale o di chi legalmente richiesto gli presti assistenza. Ora senza avere la presunzione di fare qui un trattato in materia, ma io sento continuamente parlare di legittima difesa per il pubblico ufficiale. Già rimasi sconcertato quando ne udii parlare per la prima volta per il caso Giuliani – PLACANICA all’epoca del G8 nel 2001, ma poi la cosa continua. Ora è chiaro che il pubblico ufficiale ADEMPIE ad un dovere impostogli dalla legge, non si difende come il privato cittadino. Mentre quest’ultimo se può deve sottrarsi alla violenza ingiusta anche fuggendo (commodus discessus) il pubblico ufficiale NON PUO’ e NON DEVE farlo. Deve quindi tenere un comportamento attivo per vincere una resistenza o respingere una violenza che ostacolano la sua azione tesa ad assicurare il rispetto della legge. Ed allora perché in sede giudiziaria si continua a parlare di legittima difesa per il pubblico ufficiale? Anche questo è un gran brutto segno perché si vuole escludere od inibire, se si preferisce, il comportamento ATTIVO dell’operatore di polizia che a questo punto al massimo dovrebbe solo difendersi passivamente. A me sembrano cose dell’altro mondo veramente…..mi vengono in mente le parole di quella canzone di Eugenio FINARDI del 1978….Extraterrestre portami via
voglio una stella che sia tutta mia
extraterrestre vienimi a cercare
voglio un pianeta su cui ricominciare…..
Caro Gianmarco, la mia stima di te è totale. Ho letto i tuoi articoli in tante occasioni e hai sempre centrato perfettamente il problema. Tu sai quanto questo efferato assassinio dei nostri colleghi possa averci toccato in famiglia. Quello che hai scritto è stato esattamente la disamina dello stato dei fatti nelle nostre “chiacchierate” in casa, da quando i troppo giovani colleghi sono stati ammazzati. Da tempo io e Ste ci diciamo vicendevolmente che non potremmo, purtroppo, tornare in quella volante che ci ha visto fortunati e sfortunati protagonisti di tante esperienze e che tanto ci ha dato e ci ha tolto. Non potremmo mai più tornarci perché, come hai ben descritto tu, le cose sono cambiate in peggio. Noi “vecchi” abbiamo pagato tutti sulla nostra pelle la mancata protezione dei nostri datori di lavoro. Ci siamo via via smonati ogni volta che abbiamo corso il rischio di doverci pagare un avvocato pur sapendo di aver fatto il nostro dovere. Ci siamo accasciati ogni volta che abbiamo ricevuto una ingiusta punizione, ogni volta che abbiamo rischiato un addebito dalla corte dei conti, ogni volta che un superiore ha sopraffatto con arroganza noi o un nostro collega, ogni volta che qualcuno è salito ai disonori della cronaca per un minimo errore umano che a sembra non esserci consentito, ogni volta che un cittadino ha immortalato in uno scatto un momento “sbagliato”… potrei continuare all’infinito, ma come dicevo all’inizio, tu hai, in poche righe, descritto perfettamente che cosa ci hanno fatto diventare. La sofferenza di una punizione ingiusta e di un dolore non prettamente nostro ci hanno segnato e ci accompagneranno per sempre. Ora più che mai sento che la nostra consolazione è solamente quella di avere questo mal comune che ci attanaglia e di avere due martiri in più che hanno dato la vita nella speranza che qualcosa possa cambiare e, anche se non ci credo più, spero che la strage degli innocenti, di altri due innocenti, possa davvero servire a cambiare qualcosa. Con affetto, Carla
Ciao Carla. Ti ringrazio per le tue parole. Personalmente mi sento sempre più scollegato da un’Amministrazione che sento sempre più lontana dalle reali esigenze dei suoi dipendenti. Non posso in questa sede andare oltre, poiché le indagini su questa strage sono ancora in corso e pertanto siamo tenuti al segreto d’ufficio e al generale dovere di riservatezza. Ma teniamo bene in mente queste parole: dotazioni personali. Ne risentiremo parlare presto… Un abbraccio a te e a Stefano!
Certo, possiamo fare mille considerazioni e ancora probabilmente non basterebbero. L’impressione che da anni sto avendo è quella del sempiterno ritardo con cui l’Amministrazione arriva a risolvere un problema: la classica chiusura del portone della stalla quando ormai i buoi sono scappati.
Mi sono accorta di avere sospirato, o meglio, “cercato aria per i polmoni”, leggendo le tue risposte. Credo che molti di noi, ormai, vadano a lavorare per portare a casa quello che serve per campare…mai avrei pensato di arrivare a farlo anch’io, ma la sensazione è che ci abbiano svuotati e che siano riusciti a toglierci quella voglia irrefrenabile che avevamo di iniziare il turno. Il riposo era quasi un fastidio da togliere dai piedi il più presto possibile e sulla celestina il tempo volava letteralmente. Adesso mi ritrovo a pensare che se smettessi domani, farei i salti di gioia. Va beh, sappiamo bene si cosa stiamo parlando…
Grazie per il lavoro che fai per onorare la memoria dei nostri caduti.
Io e Stefano ricambiamo l’abbraccio.