Arancio Gaspare ✞ 11/03/1875
- Data:11/03/1875
- Età:32
- Data di nascita:21/01/1843
- Causa:Conflitto a fuoco
- Corpo:Corpo delle Guardie di P.S. (1852-1890)
- Grado:Guardia
- Provincia:Palermo
- Reparto:Regia Questura
La sera dell’11 marzo 1875, in Mezzoiuso (PA), la Guardia di P.S. Gaspare Arancio, unitamente al Delegato di P.S. Francesco Imbornone e ad altro personale dell’Arma dei Reali Carabinieri, stava effettuando un servizio di ricerca dei componenti di una banda di malviventi, nota come “banda Faraci”, quasi del tutto dispersa a seguito dell’attività di repressione e di numerosi arresti effettuati dal predetto Delegato.
In tale frangente, il manipolo si accingeva a perquisire l’abitazione di un sospettato e la Guardia Arancio, l’Appuntato Capobianco dei RR.CC e il Carabiniere Mencarelli salirono sul pianerottolo a bussare per farsi aprire. Non ricevendo alcuna risposta, dopo quasi mezz’ora stavano per desistere dal proposito, allorquando una donna, dietro la porta, urlò che non intendeva aprire a nessuno. Contemporaneamente i tre militari udirono un concitato scalpiccio di passi e l’inequivocabile rumore del caricamento di un fucile a due canne. Ripresero allora a bussare, intimando di aprire ed avvisando i colleghi, quindi riuscirono ad abbattere la porta e ad entrare nella casa. Furono però colpiti da due scariche di pallettoni, che ferirono il Carabiniere Mencarelli al collo e la Guardia Arancio in pieno petto. Quest’ultimo, sorretto dall’app.to Capobianco, riuscì a tornare sul pianerottolo ma, dopo pochi istanti, morì.
Altri militari, immediatamente accorsi, aprirono il fuoco, sparando dentro casa dal vano della porta, rimasta aperta, mentre il Delegato Imbornone, col Brigadiere dei RR.CC., erano appostati sotto una finestra laterale e preclusero quella via di fuga all’ignoto sparatore, che però si fece strada a colpi di rivoltella, ferendo gravemente il Delegato, che morì poco dopo il ricovero in ospedale e un disperato intervento chirurgico.
Immediatamente il Milite a Cavallo Rao ed il Bersagliere Brancato, armati di moschetto, fecero fuoco in direzione del fuggitivo, che aveva percorso alcuni passi verso il fiume e, colpito alle spalle, stramazzò al suolo.
I rinforzi, accorsi sul luogo per trasportare i feriti in ospedale, perquisirono la casa, senza trovarvi alcuno. Il malvivente ferito era armato del fucile a due canne, di un revolver, di una giberna con 36 cartucce e aveva addosso numerose immagini di santi. Ebbe appena il tempo di qualificarsi, con un filo di voce, per Vittorino Salvatore, detto “Faraci”, capo dell’omonima banda, quindi fu colto dal rantolo della morte e spirò.
Fonti: Giornale di Sicilia, 12.03.1875 (archivio ritagli stampa della Questura di Palermo).
Il Manuale del Funzionario di Sicurezza Pubblica e Polizia Giudiziaria. marzo 1875