Greselin Giovanni ✞ 22/04/1945
- Data:22/04/1945
- Età:18
- Data di nascita:10/06/1926
- Provincia di nascita:Verona
- Luogo di nascita:Fumane
- Causa:Evento Bellico
- Grado:Guardia Ausiliaria
- Provincia:Mantova
- Corpo:Polizia Repubblicana
- Reparto:Questura Repubblicana
Morì il 22 aprile a Portiolo di San Benedetto Po (MN) nel corso di un violentissimo bombardamento alleato. Nella medesima circostanza morirono anche le guardie ausiliarie Fabio Fortunati e Luigi Pedron.
Grazie al fratello del Caduto, sig. Silvio Alberto Greselin – che alla data della redazione della presente scheda vanta l’età di 93 anni – lasciamo la parola a quest’ultimo con la sua testimonianza di prima mano; le parti in colore viola sono specifiche storiche inserite dai parenti.
Mi chiamo Silvio Alberto Greselin, sono figlio di Pietro Mario e Anita Martini in Greselin e fratello di Angelo Carlo, Lisa Ida, Giovanni e Maria Pia.
Mio Fratello Giovanni nacque a Fumane (provincia di Verona), il 10 giugno 1926 e morì a Portiolo di San Benedetto Po (provincia di Mantova) il 22 aprile 1945 per bombardamento aereo.
Giovanni si arruolò in Polizia nell’anno 1944 come Guardia Ausiliaria al compimento dei diciotto anni.
Questa fu l’opzione per ottemperare al Servizio Militare.
In particolare, Giovanni fu fatto accogliere da nostro Padre, Pietro Mario, nella Polizia Ausiliaria.
Giovanni avrebbe in realtà potuto chiedere la dispensa dal Servizio Militare a causa degli esiti di una osteomielite al piede destro contratta tempo prima a seguito di un trauma. Tuttavia, Egli voleva prestare il proprio Servizio Militare, considerandolo un suo preciso dovere.
Inoltre, il Servizio Militare di Giovanni in Polizia fu condizionato anche da una circostanza estremamente dolorosa.
In particolare, l’interessamento di nostro Padre ebbe lo scopo di scongiurare il rischio che Giovanni potesse ritrovarsi in Germania.
Infatti, a quell’epoca il nostro fratello maggiore, Angelo Carlo, Ufficiale degli Alpini, era internato, a seguito dei noti fatti dell’8 settembre 1943, nel campo di concentramento nazista noto come Stalag 307 di Deblin Irena in Polonia. (Angelo Carlo Greselin, il fratello maggiore, era Ufficiale di Complemento degli Alpini in forza al Battaglione Alpini “Morbegno” del 5° Reggimento Alpini. L’8 settembre 1943, a seguito dei noti fatti, Angelo Carlo, Aiutante Maggiore del Battaglione e unico Ufficiale presente in quel momento, fu catturato dalle truppe tedesche nell’area di Varna (provincia di Bolzano) e deportato in campo di concentramento, lo Stalag 307 a Deblin-Irena in Polonia. Fu decorato con Croce al Merito di Guerra.)
Dunque, Giovanni, Guardia Ausiliaria di Polizia del Corpo di Polizia Repubblicana, era in forza alla Questura di Modena.
Il 22 aprile 1945, tre giorni prima della fine della Seconda Guerra Mondiale, Egli, assieme ad altri commilitoni, “stava tornando a casa”, viaggiando da Modena a Verona. (Tra il 20 e il 24 aprile 1945 il grosso dei reparti germanici giunse al fiume Po a seguito del ripiegamento dall’Appennino settentrionale e dalla Romagna. Compresi in tali reparti vi erano anche soldati italiani, che potevano risultare direttamente arruolati tra le fila tedesche, solo aggregati in quanto appartenenti alla Repubblica Sociale Italiana, o indipendenti e semplicemente affiancati ai tedeschi. L’ormai schiacciante supremazia dell’aviazione anglo-americana costrinse le truppe in ritirata a movimenti quasi esclusivamente notturni e a celare, durante il giorno, uomini e mezzi sotto la vegetazione ed all’interno degli edifici. L’arrivo al fiume Po e la mancanza di sufficienti mezzi di attraversamento costrinse i reparti germanici a distruggere tutto il materiale pesante che non poteva essere portato a nord del fiume e che poteva ritornare utile al nemico. Numerosi incendi ed alte colonne di fumo caratterizzarono, in questo periodo, i territori lungo la riva meridionale del fiume Po. L’attraversamento avvenne, per i più fortunati, sfruttando i pochi traghetti e le imbarcazioni a disponibili, ma in molti casi a nuoto o utilizzando tutto ciò che di galleggiante venne racimolato. A questo scopo si utilizzarono camere d’aria estratte dalle ruote dei veicoli, taniche e barili, assi e materiale vario in legno, mastelli per il bucato e numerosi altri oggetti che venivano rapidamente presi senza nessun criterio di opportunità; l’obbiettivo era la disperata volontà di raggiungere la riva opposta. (Simone Guidorzi, L’attraversamento germanico del Fiume Po: <https://www.museofelonica.it/?page_id=7>).
In realtà, in quel momento molti Soldati Italiani “stavano ripiegando” e in località Portiolo di San Benedetto Po Giovanni incorse in un bombardamento aereo alleato.
Dai documenti dell’epoca si evince che Giovanni fu rinvenuto privo di ferite ed è, pertanto, altamente probabile che la morte sia stata causata dall’effetto meccanico delle esplosioni, ossia il cosiddetto “spostamento d’aria”.
Nell’immediato Giovanni fu composto con cura cristiana da Don Alfredo Barbieri, allora Parroco della Parrocchia di Portiolo, “e altri buoni” e sepolto in una fossa comune del Cimitero di Portiolo e successivamente nella fossa n. 161 dello stesso Cimitero.
Nostro Padre alla ricezione della tragica notizia ebbe molte incertezze sull’identificazione di Giovanni, ma, purtroppo i dubbi da Lui sollevati erano dettati dalla disperazione e risultarono infondati: era proprio Giovanni.
Nostra Madre, Anita, si stava ormai consumando da quasi cinque anni.
Era affetta da artrite reumatoide, malattia contro la quale all’epoca le terapie disponibili erano pressoché nulle. A questo si aggiunse la morte di Giovanni.
Verso la fine del 1950 i resti di Giovanni furono traslati al Cimitero di Marostica (provincia di Vicenza) e inumati nella Tomba di Famiglia (Tomba “Famiglia Greselin”), situata sul lato Ovest di detto Cimitero e censita al numero 11, dove riposa assieme ai nostri Genitori e altri Cari.
Ricordo che prima del viaggio da Portiolo a Marostica i resti di Giovanni furono composti da mio fratello maggiore Angelo Carlo e in quella circostanza fui presente anch’io.
Io sono un medico. Nel 1950 avevo appena concluso il primo anno del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia.
Sebbene studente, tuttavia in preda all’angoscia peggiore io ebbi la possibilità di riconoscere con certezza proprio la cicatrice ossea sul piede destro di mio fratello Giovanni, ossia l’esito della pregressa osteomielite.
Negli anni successivi nostro Padre conservò con sé gli effetti personali ritrovati accanto a Giovanni morto.
Dopo la sua morte Angelo Carlo e Maria Pia, a loro volta, fecero altrettanto con profondo amore.
Oggi io ne ho a mia volta la custodia con gli stessi sentimenti.
Dai documenti dell’epoca appare evidente il contesto storico, in cui Giovanni prestò il proprio servizio, che va compreso e inquadrato nei tempi di allora, rifuggendo da qualsiasi valutazione di tipo ideologico, che nulla avrebbe a che fare con questa tragedia e con la disperazione di nostro Padre Pietro Mario fino alla Sua morte nell’anno 1965.
Quando Giovanni morì io avevo undici anni e da allora ho sempre sofferto per il dispiacere che Egli venisse prima o poi dimenticato.
Ricordo che da giovane medico, in un’epoca in cui la medicina disponeva di mezzi meno efficaci rispetto a quelli dei nostri giorni, mi capitò di assistere alla nascita e alla morte quasi immediata di qualche bimbo sfortunato. Quando i genitori di queste creature non potevano esprimere la propria volontà, io impartivo, sulla base di quanto era consentito dallo Stato e stabilito dalla Chiesa, il Battesimo e il nome con cui chiamai molti di Loro fu “Giovanni”.
Fu un modo di onorare quei Bambini e mio Fratello tutti insieme.
Ora, invece, contro ogni mio dispiacere l’Istituzione Polizia di Stato mi concede di proteggere la memoria di Giovanni con l’onore e il rispetto che io non avrei mai potuto immaginare.
Io ho 93 anni e da medico sono consapevole di avere promosso e difeso la Vita durante tutta la mia esistenza.
In questo lungo tempo ho visto molte tragedie in prima persona e, nelle narrazioni della cronaca, quelle che hanno colpito Persone al Servizio dello Stato, Donne e Uomini.
Certamente io qui ricordo mio Fratello Giovanni, che è un Caduto.
A ben vedere, però, dopo quasi ottanta anni da allora, oggi capisco con chiarezza che la via, su cui sto camminando assieme alla Polizia di Stato, non è ancora realmente percorsa fino in fondo.
Questa via, invece, grazie proprio a questa nobile Istituzione, conduce oltre, fino a dove piuttosto che un Caduto, i Caduti vengono ricordati e onorati tutti assieme.
Infatti, sebbene Madri, Padri, Fratelli, Mogli, Figli siano stati privati della presenza fisica dei propri Cari, spiritualmente, invece, questi Caduti appartengono a tutti Noi.
Io voglio bene a mio fratello Giovanni e, con questo profondo sentimento nel cuore, concludo onorando in realtà tutta la schiera dei Caduti, di cui Lui fa parte dal 22 aprile 1945.
Solo onorandoLi in questo modo, ogni Poliziotto, Carabiniere, Finanziere, Soldato di qualsiasi Forza Armata, ogni Funzionario delle Agenzie di Sicurezza, ogni Magistrato, chiunque di Loro, di qualsiasi ordinamento, grado ed età, caduto per dovere e idealità, solo se Li onoriamo tutti assieme come parti di un’unica schiera, allora ciascuno di Essi spiritualmente può dirci: “non omnis moriar”, non del tutto morirò.
Come mi ricorda sempre il mio primo figlio, Alpino, gli Alpini affermano senza alcuna incertezza: “Loro non sono morti, ma hanno posato lo zaino a terra e sono solo andati avanti”.
Così, ora, grazie a questo tratto di strada pieno di luce percorso assieme alla Polizia di Stato, sono in grado di arrivare alla conclusione più autentica:
Io Silvio Alberto Greselin, Fratello di Giovanni, portando nel cuore Lui, Pietro Mario, Anita, Angelo Carlo, Lisa Ida e Maria Pia, mi stringo in un abbraccio con tutte le Persone qui ricordate, tributando la mia profonda e rispettosa Riconoscenza all’Istituzione Polizia di Stato e onorando tutti i Caduti e con Loro mio Fratello Giovanni.
Grezzana, Modena, Portiolo di San Benedetto Po, Marostica, 1 febbraio 2024.
Silvio Alberto Greselin
Seguono alcune foto che la famiglia Greselin ha gentilmente messo a disposizione della Redazione di Cadutipolizia. Se ne fa divieto di utilizzo al di fuori di questa piattaforma senza l’espressa autorizzazione dei proprietari.
Il tesserino di riconoscimento della guardia ausiliaria Giovanni Greselin
La carta di identità della guardia ausiliaria Giovanni Greselin
Il foglio di viaggio di cui era regolarmente munita la guardia ausiliaria Giovanni Greselin al momento del bombardamento
Bello e commovente il ricordo che si ha di una persona cara a distanza di così tanto tempo.
Maurizio Bedin, Sabaudia (Latina).