Vespa Francesco ✞ 24/02/1867
- Data:24/02/1867
- Corpo:Amministrazione di Pubblica Sicurezza del Regno d'Italia
- Causa:Assassinio
- Grado:Ispettore Capo
- Provincia:Napoli
- Reparto:Regia Questura
Morì il 24 Febbraio insieme al vicebrigadiere Giuseppe Esposito, ed alle guardie di PS Andrea Alfano, Angelo Amandini e Raffaele Pecoraro nell’esplosione di un deposito clandestino di polvere pirotecnica nei pressi della polveriera della Marina di Posillipo.
L’ispettore Vespa, dirigente della Sezione di PS di Posillipo della Regia Questura di Napoli, aveva avviato le indagini sull’improvviso e sospetto arricchimento di un tenente di vascello della Regia Marina, responsabile della Polveriera Militare di Posillipo. Indagando insieme ai suoi uomini Vespa scoprì che l’ufficiale rivendeva clandestinamente la polvere da sparo alla criminalità comune e alla camorra.
Gli agenti arrestarono l’ufficiale corrotto che confessò. Nella perquisizione della sua abitazione fu rinvenuto un ingente quantitativo di esplosivo rubato e il tenente confessò di averne nascosta molto di più in una piccola casa di sua proprietà nei pressi della Polveriera. L’ispettore capo Vespa si recò sul posto insieme a 13 agenti della Sezione e all’arrestato. Mentre otto agenti e una ventina di soldati dell’Esercito e Marinai rimanevano all’esterno della casa Vespa, il vicebrigadiere Esposito e le guardie Alfano, Amandini e Pecoraro e il tenente di vascello entravano all’interno rinvenendo un grande quantitativo di polvere rubata.
La perquisizione era iniziata da pochi minuti quando la casa improvvisamente esplose, dilaniando l’ispettore Vespa, il vicebrigadiere Esposito, le guardie Alfano, Amandini e Pecoraro, l’ufficiale corrotto, almeno quattro soldati e decine di civili che abitavano nelle vicinanze o lavoravano nella vicina polveriera. Nei giorni successivi il bilancio dell’esplosione salì sino a 73 vittime.
Il Procuratore del Re e il Questore di Napoli ipotizzarono che l’ufficiale arrestato avesse fatto esplodere il deposito clandestino per non finire i propri giorni in prigione. Dei cinque poliziotti all’interno non vennero ritrovati che pochi macabri resti.
L’ispettore capo Francesco Vespa, sposato e padre, era un patriota liberale arrestato e torturato dalla polizia borbonica negli anni precedenti l’Unità ed incarcerato per alcuni anni, prima di venire liberato dall’arrivo dei Garibaldini a Napoli. Successivamente si era arruolato nell’Amministrazione di Pubblica Sicurezza del Regno d’Italia, dove aveva fatto rapidamente carriera diventando presto uno dei funzionari più apprezzati della Questura di Napoli.-
Alla morte del padre, il figlio maggiore dell’ispettore capo Vespa entrò nell’Amministrazione di Pubblica Sicurezza come applicato.
Fonte: quotidiani “il Piccolo Giornale di Napoli”, “l’ Indipendente” “ La Gazzetta Piemontese ”, “ la Perseveranza” del 25 febbraio 1867 e successivi.
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